L‘ EGING GAME
L’ eging è la tecnica di pesca alla seppia, polpo e calamaro attualmente in fortissima ascesa che sempre più si sta diffondendo sulle coste italiane ed europee. Nata in Giappone, questa affascinante disciplina presenta grandi punti di forza come la semplicità, la sua efficacia in termini di catture, la sua praticabilità dalla riva e, soprattutto, la sua capacità di divertire ed appassionare chi la pratica.
Con questa tecnica di pesca è possibile insidiare le diverse specie di cefalopodi presenti nel nostro sottocosta quali seppie, calamari, moscardini e polpi.
Tradizionalmente, la pesca dei cefalopodi sulle nostre coste veniva praticata quasi esclusivamente dalla barca utilizzando lunghe lenze manovrate a mano a cui erano collegate le classiche “totanare” che venivano fatte lavorare pescando lentamente in prossimità del fondale.
La diffusione della tecnica di pesca eging consente ora a chiunque di pescare questi misteriosi cefalopodi anche dalla riva o dai porti, senza necessità di possedere una barca ed a costi minimi in fatto di attrezzature.
Le esche
La tecnica di pesca ai cefalopodi prevede l’utilizzo di particolari esche, gli EGI, somiglianti a gamberetti o piccoli pesci che vengono prodotti in una vasta gamma di colori, forme e dimensioni per soddisfare ogni tentacolo ed ogni cassettina portaesche.
L’Egi, nella versione più diffusa, è dotato alla sua estremità di una doppia corona di uncini senza ardiglione, ideati per arpionare i tentacoli di seppie, polpi e calamari.
Possiamo trovare gli egi nelle versioni senza piombo, oppure zavorrati con diverse dimensioni (1.50 – 2.00 – 2.50 – 3.00 – 3.50) a seconda delle profondità per cui sono studiati.
Alcuni egi sono fluorescenti e possono essere caricati con una piccola lampada da testa o con una torcia a raggi ultravioletti. Quest’ultima è migliore in quanto consente di ricaricare l’esca molto più velocemente. Nelle ore notturne gli egi con colorazioni fluorescenti risultano molto più catturanti soprattutto con i calamari che sono molto attratti dalla luce.
In fondali con profondità superiori ai 4 metri, qualora decidessimo di pescare seppie o polpi nelle immediate vicinanze del fondale, o in caso di vento o correnti che disturbano l’affondamento dell’esca, è consigliabile adattare i nostri egi con della zavorra aggiuntiva (in fondali più bassi una zavorra eccessiva aumenta le possibilità di incagli).
A tal fine, il modo più pratico, funzionale ed economico è quello di utilizzare delle comuni torpille da 2-4 grammi inserite in un’asola in nylon che potremo facilmente agganciare al moschettone insieme all’esca. L’inserimento della zavorra aggiuntiva con questa modalità consente di non modificare troppo il movimento dell’egi. Diversamente, il posizionamento della zavorra sulla lenza in testa all’esca ci sembra sconsigliabile e da evitare.
La tecnica eging
Lanciamo il nostro egi nella zona prescelta e lasciamolo affondare fino a fargli raggiungere la profondità desiderata. Se vogliamo pescare in prossimità del fondo, ci accorgeremo di averlo raggiunto quando la lenza smetterà di essere tirata dall’esca che affonda.
Il recupero dell’egi deve essere fatto a canna medio-alta e prevede una continua alternanza di piccoli scatti verso l’alto impressi con lievi colpetti del cimino della canna e di soste, durante le quali l’esca deve essere lasciata affondare fino a tornare nello strato d’acqua che abbiamo deciso di esplorare.
Il recupero dell’esca effettuato col mulinello è lento o molto lento, a seconda se si pesca a mezz’acqua o vicino al fondale.
Dovremo mantenere un continuo contatto con l’esca tenendo sempre il filo in leggera tensione anche durante le pause di affondamento, perché spesso gli attacchi avvengono proprio in questa fase.
L’abboccata del cefalopode viene avvertita come un peso sull’esca e poche volte si riusciranno a sentire gli strattoni dei tentacoli. Spesso avremo il dubbio di aver raccolto qualche alga o qualche elemento del fondale. Non dovremo farci bloccare dal dubbio, perché la presa della nostra preda può durare anche meno di un secondo. La ferrata deve quindi esserci sempre ed essere fulminea. In questa tecnica vale la regola d’oro “nel dubbio ferra ! !”.
La ferrata
La ferrata è forse il momento più importante di questa tecnica di pesca e deve essere ben calibrata e misurata.
I tentacoli dei cefalopodi sono delicati e con uno strattone eccessivo rischieremmo di strapparli.
Inoltre, seppie e calamari sono soliti attaccare più volte la nostra esca. Il polpo è spesso più scaltro, ma sono frequenti gli attacchi multipli. Così, una ferrata ben misurata e non eccessiva, ci consentirà, in caso di errore, di avere ancora l’egi a portata del cefalopode che potrebbe regalarci una o più ulteriori occasioni.
Una ferrata corretta deve essere data di polso, sfruttando il leggero colpo di frusta impresso dalla canna.
In caso di insuccesso faremo una piccola pausa di affondamento, per poi riprendere il nostro recupero.
L’avvicinamento a riva della preda deve essere fatto senza strattoni, lento, continuo (senza pause) e a canna alta. Dobbiamo tener presente che le corone di aghi dei nostri egi sono prive di ardiglioni e quindi la preda potrebbe facilmente liberarsene se non manteniamo una costante tensione.
Un discorso a parte va fatto per l’eging al polpo o al moscardino. Questi cefalopodi sono infatti dotati di una forza straordinaria e se, quando allamati, riescono a fare presa su uno scoglio del fondale o ad intanarsi, le nostre possibilità di catturarli si riducono a zero. In questi casi può essere sufficiente anche un solo attimo di esitazione per veder svanire ogni possibilità di portare a riva la nostra preda.
Se peschiamo ad eging in prossimità del fondale dobbiamo allora prestare molta attenzione alla possibilità di incontrare questo cefalopode e, qualora alla ferrata ci capiti di sentire un grosso peso dall’altra parte, dovremo subito forzare con la canna per sollevare l’animale dal fondale ed impedirgli così di sfuggirci.
Attrezzatura
Per l’eging sono necessarie canne di una lunghezza compresa tra i 2.10 e 2.40 metri. Vanno molto bene le canne da spinning di media potenza, anche se esistono in commercio canne specifiche per questa tecnica di pesca.
L’utilizzo di un filo tracciato è di fondamentale importanza poiché la sua bassissima elasticità ci consente di avere un contatto diretto con l’esca e di sentire le toccate dei cefalopodi. Considerata la possibilità di allamare dei polpi, si sconsiglia di scendere al di sotto delle 14 libbre.
Per avere un minimo di elasticità e per presentare meglio i nostri egi (pare che i cefalopodi abbiano un’ottima vista) utilizzeremo uno spezzone di fluorocarbon morbido di diametro compreso tra 0,28 e 0,40 mm., legato all’estremità della lenza madre con lunghezza di almeno 70 cm.
L’utilizzo del nylon è sconsigliato perché la sua elasticità non ci consente di avere la necessaria sensibilità sull’egi.
Il mulinello deve essere leggero tipo 2.500 o 3.000 per consentirci la massima leggerezza e sensibilità del polso.
Dove
Calamaro: moli illuminati (spesso il calamaro ne è attratto), imbocchi portuali, scogliere e spiagge profonde. Predilige fondali con profondità superiori ai 4 metri. E’ molto frequente trovarlo a mezz’acqua, talvolta vicino alla superficie o al fondale.
Polpo e moscardino: dobbiamo cercarlo quando è fuori tana nei momenti di caccia sui fondali sabbiosi o misti antistanti moli scogliere sommerse.
Seppia: Su fondali misti o a prevalenza scoglio oppure subito di fronte agli scogli tra lo sciacquio delle onde.
Quando
Calamaro: di solito dall’ora antecedente il tramonto fino all’alba. Si avvicina alla costa nei mesi compresi tra settembre e marzo, a seconda della zona. Mare piatto o poco mosso.
Polpo e moscardino: escono dalle tane per andare a caccia verso sera, all’imbrunire. Il momento migliore va dall’ora antecedente il tramonto fino alle prime ore della notte e poi all’alba fino alle prime ore del mattino. Mare piatto o poco mosso.
Seppia: Caccia prevalentemente di notte. Di giorno la sua cattura è sporadica e più probabile con tempo nuvoloso. Il momento migliore va dall’ora antecedente il tramonto fino alle prime ore della notte e poi all’alba fino alle prime ore del mattino. Ci possono essere momenti di grande attività anche in piena notte, spesso connessi ai picchi di alta marea. Mare piatto o poco mosso.
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